Avvicinarsi all’obiettivo

Image by Alessandro Parolari

Dopo aver preso consapevolezza di avere conoscenze, capacità, competenze ed attitudini, come si fa a riconoscerle dentro di noi?

Ognuno ha la “sensazione” di ciò che ha imparato e ciò che sa fare meglio, ma quando si intraprende un percorso articolato come il bilancio delle competenze, bisogna andare un po’ più a fondo della percezione soggettiva. E’ vero che nessuno ci conosce meglio di noi stessi, ma è anche vero che a volte non siamo molto realistici nel valutaci, a volte ci sopravvalutiamo oppure ci sottostimiamo, a volte siamo condizionati dal contesto, dal momento storico, dalle persone che frequentiamo e persino dalla quantità di energia che abbiamo a disposizione.

Diventa quindi necessario procedere ad una analisi il più possibile oggettiva (anche se veramente asettica non sarà mai), andando a guardare la nostra storia e tenendo in considerazione più fattori: i nostri successi, i periodi difficili e le modalità con cui ne siamo usciti, i momenti e i motivi di cambiamento, la nostra opinione e l’opinione delle persone che ci stanno intorno e che si relazionano a noi, per motivi e con ruoli diversi.

Questa analisi, condotta con metodo e con l’aiuto di un orientatore esperto, farà emergere le nostre caratteristiche peculiari, nel modo più semplice e strutturato possibile.

Quando avremo questa “fotografia” potremo evolvere verso un ulteriore passaggio del percorso di consapevolezza, molto importante, anzi direi cruciale: l’identificazione dell’obiettivo professionale.

Cosa voglio fare da grande? Anche in questo caso non è sufficiente sognare (ahimè) ma dobbiamo affidarci ad un metodo e, con pazienza e determinazione, andare a cercare tra tutte le storie professionali e personali emerse, quali sono stati i successi che ci hanno dato più soddisfazione, quali le situazioni in cui ci siamo sentiti noi stessi, realizzati e, perché no, felici.

Una volta individuate queste occasioni “positive”, ci dobbiamo chiedere: perché proprio quelle? E di nuovo, interrogarsi, analizzare, capire, riflettere – perché tutto questo percorso non è altro che un’analisi dentro di sé – su cosa ci ha dato soddisfazione davvero in quelle occasioni: è stato il risultato concreto raggiunto? la possibilità di far vedere al mondo il mio successo? il ritorno economico? il miglioramento delle relazioni professionali? E così via… fino a capire qual è la professione che risponde ai nostri bisogni.

Nel mio caso personale ad esempio, ad un certo punto, quando meno me lo aspettavo, è risultato lampante ai miei occhi che uno dei momenti più appaganti della mia storia professionale è stato quando ho dovuto affrontare un’aula di ragazzi difficili, in cui si erano create due fazioni in evidente scontro e molto arrabbiati tra loro. Il mio successo è stato riuscire a farli parlare, farli entrare nei panni degli altri, negoziare e ristabilire un clima sereno e consono all’apprendimento. Questa consapevolezza (insieme ad altre che andavano nella stessa direzione) mi ha detto molto di ciò che volevo fare nella vita.

Ma come dicevamo: il sogno non basta, e a questo punto dobbiamo capire quali sono le professioni che rispondono alle nostre caratteristiche e ai nostri desideri e poi fare un bel bagno di realtà. Ma di come tornare sulla terra, parleremo la prossima volta!

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